La nascente industria di settore assegna un ruolo primario ai materiali derivati di mais, zucchero, oli vegetali e altri prodotti rinnovabili

E se le aziende cambiassero la ‘ricetta’ della plastica? In un mondo assediato dal cambiamento climatico, le società stanno investendo miliardi di dollari per aumentare la produzione della bioplastica che ha origine da materiali naturali e rinnovabili e quindi compostabili in modo sicuro o biodegradabili. Oltre alle bioplastiche già ampiamente utilizzate in ambito sanitario (vedi i punti di sutura riassorbibili applicati sulle ferite) la nascente industria di settore assegna un ruolo primario ai materiali derivati di mais, zucchero, oli vegetali e altri prodotti rinnovabili. L’obiettivo? Conquistare una grossa fetta del mercato globale della plastica del valore di quasi 600 miliardi di dollari. Per ora, le bioplastiche rappresentano solo l’1% della produzione mondiale di plastica.

LA PLASTICA – Di origine fossile e prodotta su larga scala a partire dagli Anni ’50, è vista come una delle principali minacce ambientali se si considerano le milioni di tonnellate di emissioni di gas serra sprigionate ogni anno. Dei 9 miliardi di tonnellate di plastica prodotta da combustibili fossili dagli anni ’50, solo il 9% per cento è stato riciclato, secondo gli studi. Il resto è stato sepolto in discariche, bruciato o ha contribuito all’inquinamento di terreni e corsi d’acqua: per la sua struttura chimica, infatti, la plastica non arriva mai disintegrarsi completamente, scomponendosi invece in particelle sempre più piccole.

BIOPLASTICA: UN’OPPORTUNITA’ PER AZIENDE E INVESTITORI – Secondo la piattaforma i3 Connect, la bioplastica potrebbe essere la nuova frontiera: gli investimenti nella produzione hanno raggiunto quota 500 milioni di dollari nei primi tre mesi del 2022, superando il precedente record di 350 milioni di dollari nell’ultimo trimestre del 2021. E a investire sono sia società sia venture capitalist. Zion Market Research stima che il mercato crescerà arrivando a toccare i 29 miliardi di dollari nel 2028 dai 10,5 miliardi di dollari del 2021.

GLI ESEMPI – Tra le società che hanno già scommesso nel settore figura Danimer Scientific che produce Pha (poliidrossialcanoati) utilizzando microrganismi che fermentano con l’olio di canola (una varietà di una pianta). A utilizzarla per le loro cannucce ad esempio sono Starbucks e Dunkin’ Donuts. Dalla fermentazione dello zucchero ricavato dal mais e dalla canna da zucchero invece nasce il Pla (acido polilattico), altro matariale prodotto ad esempio negli stabilimenti di NatureWorks. Si tratta della più grande azienda di Pla al mondo, in grado di produrre 150mila tonnellate di pellet di bioplastica all’anno solo in uno stabilimento del Nebraska. NatureWorks sta costruendo un plant da 600 milioni di dollari in Thailandia che aumenterà la sua capacità produttiva del 50%. Tuttavia, il percorso sembra ancora lungo. Il Pla, a differenza del Pha, non è facilmente biodegradabile in natura e deve essere miscelato con i rifiuti alimentari nei compostatori industriali. Se sepolto nelle discariche, il Pla arriverà a disintegrarsi ma probabilmente ci vorranno decenni.

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