Sono i paesi dell'Est a ostacolare le misure, con il governo ungherese in prima linea a sventolare la minaccia del veto

È stallo sull’approvazione del sesto pacchetto di sanzioni nei confronti della Russia. Le trattative tra gli Stati membri sono andate avanti per tutto il giorno tra gli ambasciatori dell’Ue e continueranno nel fine settimana con la speranza di approvare le nuove misure per lunedì, festa dell’Europa a Bruxelles e giorno della vittoria a Mosca. Il nodo è sempre l’embargo al petrolio su cui il governo di Budapest, ma non solo, sta puntando i piedi. La Commissione Ue ha presentato agli Stati membri una nuova versione della proposta con una durata delle deroghe più ampia per Ungheria e Slovacchia e una nuova deroga più limitata nel tempo per la Repubblica Ceca. Sembrano lontani i tempi in cui si additava la colpa del mancato embargo alle importazioni di combustibili russi a paesi come Austria e Germania, oltre all’Ungheria. Ora sono i paesi dell’Est a ostacolare le misure, con il governo ungherese in prima linea a sventolare da giorni la minaccia del veto. L’Esecutivo Ue conferma di aver ricevuto la lettera dal primo ministro Orban che respinge la proposta di Bruxelles. Il premier sovranista ha accusato la Commissione di ignorare la geografia e le infrastrutture energetiche del paese nella sua proposta che, “nella sua forma attuale equivale a una bomba atomica sganciata sull’economia ungherese”. Posizione che ha attirato l’elogio del Cremlino, dopo aver fatto breccia con Budapest per dividere l’Ue nel pagamento del gas in rubli. Rifiutandosi di accettare le nuove sanzioni, Orban ha fatto “un passo coraggioso in un’Europa senza voce”, ha commentato il vicepresidente del Consiglio di sicurezza russo ed ex presidente Dmitry Medvedev.

La Commissione ha ribadito la sua disponibilità a introdurre deroghe per certi Stati membri e ha lasciato intendere che il consenso è tutto da costruire. La sua proposta è frutto di consultazioni preliminari, non di trattative, e nel momento di presentarla l’Esecutivo non aveva l’unanimità in mano, ha spiegato il portavoce di von der Leyen. La prima proposta teneva già conto delle specificità geografiche e di particolare dipendenza di certi Paesi ma ciò non è bastato e nella sessione pomeridiana del Coreper, la riunione dei rappresentanti degli Stati Ue, l’Esecutivo Ue ha dovuto presentare una nuova versione. Le sanzioni “sono sempre calibrate in modo molto sottile, per prendere in considerazione tutte queste specificità”, ha affermato il portavoce a nome della Commissione, che rimane comunque fiduciosa di arrivare a una soluzione. Le nuove deroghe sono “un importante passo avanti in vista del raggiungimento del consenso”, spiega una fonte diplomatica, ma “rimangono ancora resistenze sulla parte relativa al petrolio, soprattutto riguardo alla durata delle deroghe e alla questione delle compensazioni economiche per i Paesi che si troveranno a dover adattare le proprie raffinerie al momento tarate sul petrolio russo”. Vi è poi la questione del divieto del trasporto del petrolio russo per le navi battenti bandiera degli Stati membri: un grave danno per la Grecia, ma anche per Malta e Cipro”, che hanno imponenti flotte marittime e ospitano grandi centri di gestione navale. “Le prossime ore saranno dedicate alla soluzione di questi problemi attraverso contatti bilaterali fra Commissione, presidenza del Consiglio Ue e Stati membri interessati”, spiega la fonte diplomatica. La Commissione sapeva che la partita dello stop al petrolio russo non sarebbe stata facile, e che avrebbe comportato un prezzo da pagare, ma il prezzo è molto più alto per Mosca, ha assicurato von der Leyen. “Putin ha mobilitato le sue forze armate per cancellare l’Ucraina dalla mappa. Noi abbiamo mobilitato il nostro potere economico unico per difendere l’Ucraina. Questo è anche un nuovo capitolo nella storia della nostra Unione”, ha affermato la leader dell’Esecutivo Ue ricevendo il Premio Cercle d’Economia a Barcellona. A patto che questa unità tenga, come avvenuto finora.

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