L'Ue ha sancito dopo l'embargo al carbone quello al petrolio russo. Ma ne esce con qualche livido

 Le sanzioni entrano in vigore e si chiude un capitolo. Con la pubblicazione in gazzetta ufficiale Ue del sesto pacchetto il tema sanzioni sembra giunto al capolinea. L’obiettivo era approvarle per il 9 maggio, per rovinare la festa a Putin, e la data sembrava anche lontana da quel 4 maggio in cui la presidente von der Leyen ha annunciato le nuove misure. Ora l’Ue ha sancito, dopo l’embargo al carbone, quello al petrolio russo, ma ne esce con qualche livido. Lo stop, se si considera l’uscita volontaria di Polonia e Germania dall’import via terra, ridurrà del 90% le importazioni del petrolio russo entro l’anno. E sarà effettivo fra 6 mesi per il greggio e 8 mesi per altri prodotti raffinati, con un bel po’ di eccezioni. Ungheria, Repubblica Ceca e Slovacchia, i tre Stati che non hanno accesso al mare, potranno continuare a usufruire del greggio russo via oleodotto per un tempo da definire, mentre la Bulgaria, potrà continuare ad importare greggio via mare fino alla fine del 2024 e la Croazia gasolio sottovuoto fino alla fine del 2023. Agli operatori dell’Ue sarà vietato assicurare e finanziare il trasporto, in particolare attraverso rotte marittime, di petrolio verso paesi terzi. Gli Stati senza sbocco al mare – ma la richiesta è venuta dall’Ungheria al Consiglio europeo – hanno ottenuto la garanzia che in caso di interruzione del flusso via condotta, potranno ricevere petrolio russo anche via mare.

 Confermati anche i divieti di usufruire del sistema di pagamenti Swift per la più grande banca russa, Sberbank, la Banca di credito di Mosca e la Banca agricola russa, il divieto di commercio di 80 sostanze che potrebbero essere usate per produrre armi chimiche, e lo stop alla trasmissione nell’Ue di altre tre emittenti statali russi: Rossiya Rtr Planeta, Russia 24 e TV Center International, che sono state usate “come strumenti per manipolare le informazioni e promuovere la disinformazione sull’invasione dell’Ucraina, compresa la propaganda, con l’obiettivo di destabilizzare i paesi vicini alla Russia, l’Ue e i suoi Stati membri”.

 Si allunga anche la lista nera delle persone coinvolte nelle attività del Cremlino che vedranno i loro beni congelati e a cui sarà proibito entrare nell’Ue. Tra le 65 nuove persone e le 18 entità sanzionate figurano i militari che hanno ucciso, violentato e torturato civili in Ucraina a Bucha, incluso il colonnello Azatbek Omurbekov, soprannominato il “Macellaio di Bucha”. Anche la fidanzata di Putin, l’ex ginnasta Alina Kabaeva, è inclusa nell’elenco. Dentro anche i familiari del portavoce di Putin, Dmitry Peskov. Fuori invece, per volere dell’Ungheria, il patriarca della Chiesa ortodossa russa, Kirill, detentore di grandi ricchezze – 4 miliardi di dollari secondo Forbes e fino a 8 secondo Novaya Gazeta – e destinatario di diverse accuse e sospetti, dal commercio di sigarette alla presunta affiliazione al Kgb, tra i primi a benedire l’invasione di Putin dell’Ucraina.

 Passata la sbornia da sanzioni, che hanno incrinato l’unità europea all’ultimo giro, a Bruxelles si contano i danni. L’impressione è che non si parli almeno per un po’ di altre sanzioni. Perché mano a mano che si è andati avanti la partita “si è fatta sempre più difficile”. E lo ammettono anche i funzionari Ue. Dopo la corsa nel pantano del petrolio, di gas nemmeno a parlarne, di grandi banche rimarrebbe solo Gazprombank, impossibile da sanzionare fino a quando acquistiamo il gas russo. E poi c’è il mega piano della Commissione, il RePowerEu, a tracciare la strada della diversificazione energetica da Mosca. Sul metodo, tutti incolpano la Commissione europea, rea di aver annunciato qualcosa senza averla negoziata prima. Von der Leyen, spiega una fonte diplomatica, pensava che sarebbe avvenuto come con la pandemia e i vaccini, che tutti avrebbero poi seguito la strada indicata dal Palazzo Berlaymont. Ma le fonti energetiche non sono i vaccini.

© Copyright Olycom - Riproduzione Riservata