L'Ue discute ancora di embargo a petrolio e gas russi. Per l'Alto rappresentante Ue per la politica estera al momento è più importante puntare sull'invio di armi a Kiev

L’Ue discute ancora di embargo a petrolio e gas russi, ma in ogni caso le sanzioni non farebbero la differenza ora. Perché hanno un effetto a medio termine e “la macchina da guerra della Russia sarà la stessa oggi, domani e la settimana prossima, che si tagli o no il gas”. Per l’Alto rappresentante Ue per la politica estera, Josep Borrell, insomma, al momento è più importante puntare sull’invio di armi a Kiev, perché “normalmente le guerre sono vinte o perse sul campo di battaglia”, ha detto al termine del Consiglio Ue Esteri, ribadendo la frase che ha attirato le critiche di Mosca. “La Russia disporrà di questi mezzi per fare la guerra e quindi dovremo concentrarci al momento sugli aspetti difensivi”. E non a caso è stato deciso il terzo finanziamento di 500 milioni nell’ambito dello European Peace Facility per l’invio di armi all’esercito ucraino. E altri seguiranno, se servirà anche incrementando il fondo. Non solo: la Germania continua nella sua svolta sulla politica di difesa e si è detta apertamente a favore a mandare anche armi pesanti a Kiev. “L’Ucraina ha bisogno di più materiale militare, soprattutto armi pesanti”, ha affermato la ministra degli Esteri, Annalena Baerbock, “ora non è il momento delle scuse, ora è il momento della creatività e del pragmatismo”.

Anche perché l’esercito di Putin si appresta a lanciare una massiccia offensiva a Est, nel Donbass, dove si muoverà “come un rullo compressore”, nel modo tradizionale di fare la guerra dell’Armata russa, ha rimarcato Borrell, ancora sconvolto dalle scene viste in Ucraina. “Fallimento” e “orrore”, le parole con cui il capo della diplomazia europea ha definito questa guerra. Fallimento perché i russi “hanno abbandonando Kiev dopo che hanno visto che è impossibile conquistare la capitale” e ora ripiegano sul Donbass, orrore perché “ciò che l’esercito russo ha lasciato alle spalle è civili morti, bombardamenti indiscriminati come quello che abbiamo visto alla stazione ferroviaria”. Ed è il messaggio che il cancelliere austriaco, Karl Nehammer, ha consegnato a Putin nell’incontro a Mosca, che “di fatto ha perso la guerra moralmente”.

Sulle sanzioni il lavoro va avanti, con alcuni Stati che spingono per un embargo al petrolio subito e altri che frenano. Mentre la Commissione Ue sta lavorando a un’analisi della fattibilità e delle ricadute. I ministri degli Esteri hanno discusso dei “diversi livelli di dipendenza” dal gas russo o dal petrolio russo e “senza bisogno di un accordo” tutti stanno già riducendo la propria dipendenza”, ha osservato Borrell, lasciando intravedere una possibilità di una scelta su base volontaria dei vari Stati, come ha già fatto la Lituania, ad esempio. “Ora ci sono due modi per ridurre: che ognuno lo fa volontariamente nel miglior modo possibile e l’altro è un approccio collettivo vincolante, ma finora non abbiamo ancora intrapreso la strada di un approccio collettivo vincolante”, ha detto Borrell. L’altra strada che potrebbe aprirsi per sbloccare l’impasse tra i paesi Ue su petrolio e gas potrebbe essere quella di misure compensative per i paesi più penalizzati, ammesso che riescano a sopperire ai mancati rifornimenti. Ed è quello che chiede l’Italia. Il governo è aperto a prendere in considerazione sanzioni su gas e petrolio “a una condizione: che l’Europa si impegni con delle misure regolatorie, immediate, anche temporanee”, ha detto la viceministra degli Esteri, Marina Sereni, che ha preso parte al Consiglio Ue. E queste potrebbero essere “un tetto per il prezzo del gas” e “una riforma che disaccoppi il prezzo del gas dal prezzo dell’elettricità”.

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