Summit Ue-Cina, Bruxelles vuole stanare Pechino sulla guerra russa

Il summit in videoconferenza è presieduto dal presidente del Consiglio europeo Charles Michel, dalla presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen e dall'Alto rappresentante Ue per la politica estera Josep Borrell

Al via la prima sessione del 23esimo summit Ue-Cina. Il summit è presieduto dal presidente del Consiglio europeo Charles Michel, dalla presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen e dall’Alto rappresentante Ue per la politica estera Josep Borrell. L’Unione europea prova a mettere la Cina con le spalle al muro. O almeno indurla a fare una scelta. Ci sono molti occhi puntati al Summit di domani Ue-Cina, il cui focus sarà il conflitto ucraino. Sarà un confronto “franco e aperto” quello che Bruxelles vuole in tavolare con Pechino, per capire se vuole stare con chi è responsabile di un conflitto sanguinoso, che colpisce anche gli interessi economici globali, e chi invece lavora per farlo terminare il prima possibile. Dopo l’astensione di Pechino (uno dei cinque membri permanenti al Consiglio di sicurezza Onu) sulla prima risoluzione delle Nazioni Unite a inizio conflitto, che aveva lasciato sperare in una presa di distanza, le ultime mosse del governo cinese hanno preoccupato la comunità internazionale. L’incontro di mercoledì tra ministro degli Esteri russo, Sergei Lavrov, e il suo omologo cinese, Wang Yi hann, si aggiunge al voto favorevole di Pechino sulla risoluzione Onu promossa dalla Russia. Non è tanto la dichiarazione del 4 febbraio tra le due potenze di una collaborazione “senza limiti” a impensierire l’Unione europea, spiega un funzionario Ue. Perché con il conflitto sono in gioco gli stessi interessi della Cina. Non solo per le conseguenze economiche che stiamo già vedendo a livello globale, ma per quelle che verranno in caso di una rottura definitiva delle relazioni commerciali con l’Unione europea e l’Occidente. Anche in quel patto con la Russia “la Cina ha affermato che deve guardare ai propri interessi globali e a lungo termine” e la domanda che i presidenti del Consiglio europeo, Charles Michel, e la presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, faranno domani al primo ministro Li Keqiang e al presidente Xi Jinping sarà: “Volete mettere in pericolo questa forte posizione economica che la Cina ha nelle sue relazioni con i suoi mercati chiave, mettere in pericolo la stabilità e le prospettive di crescita dell’economia globale e del vostro stesso Paese?”, riferisce il funzionario. D’altronde il rapporto commerciale con la Russia è poca cosa rispetto a quello che Pechino ha con i paesi occidentali. Il volume degli scambi con l’Ue è stato il 13,7% del commercio totale cinese, con gli Stati Uniti è il 12,5%, mentre il commercio totale con la Russia è solo il 2,4%.

 L’altro tema sarà l’applicazione delle sanzioni. Il vero banco di prova per Bruxelles. Perché non ci si aspetta un intervento a gamba tesa a favore della Russia, come con l’invio di armi. Quanto piuttosto un supporto più subdolo, come quello di aiutarla ad aggirare le sanzioni. In quel caso – avverte l’Ue – sarebbe comunque visto come la perdita della neutralità e la scelta di schierarsi con un paese che ha invaso in modo illegittimo un altro paese. Senza dimenticare appunto che “anche la Cina ha un interesse particolare nel vedere rispettati alcuni dei principi dell’ordine internazionale basato su regole, come il rispetto dell’integrità territoriale”, proprio in nome del “principio di una sola Cina” proclamato contro le mire indipendentiste di Taiwan.

 Certo ci saranno molte questioni aperte e che rimarranno tali. E sarà “del tutto irrealistico per noi cercare di nascondere alcune delle differenze che abbiamo e i nostri cittadini non si aspetterebbero che i due presidenti lo facessero”, ha commentato il funzionario europeo, citando l’esclusione della Lituania dal mercato cinese per la decisione di aprire un ufficio di rappresentanza di Taiwan, che ha portato l’Ue ad aprire un contenzioso contro Pechino al Wto; la questione delle libertà civili a Hong Kong, le tensioni nel Mar Cinese Meridionale e “le questioni relative ai diritti umani per le quali l’Unione europea attribuisce molta importanza”. Proprio su questo si arenarono le trattative per l’accordo sugli investimenti (Cai) fortemente voluto dall’ex cancelliera tedesca, Angela Merkel, e bloccato dal Parlamento europeo dopo che alcuni suoi membri furono sanzionati dalla Cina. Pechino, infatti, non aveva preso bene le critiche e il voto degli europarlamentari sulle violazioni dei diritti umani contro la popolazione uigura nello Xinjiang e per rappresaglia aveva deciso di imporre loto delle sanzioni. “Penso che sia imperativo affrontare queste divergenze in queste differenze di opinioni in modo onesto, aperto, ma anche costruttivo”, afferma la fonte. Anche gli Stati Uniti guardano con interesse, e magari un po’ di pressione, al vertice di domani, sperando di non vedere replicata la risposta fredda di Xi Jinping nell’ultimo incontro con il presidente americano Biden.