Per la prima volta in assoluto, un artista si esibisce nella splendida arena capitolina per 12 repliche

Claudio Baglioni cambia “abito e repertorio” e torna nella sua Roma per aprire la stagione estiva del Teatro dell’Opera alle Terme di Caracalla. È la prima volta che un’apertura così prestigiosa viene affidata a un compositore di musica moderna. E per la prima volta in assoluto, un artista si esibisce nella splendida arena capitolina per 12 repliche.

Inizia così il nuovo tour ‘Dodici Note – Tutti su’, che farà tappa anche al Teatro Greco di Siracusa e all’Arena di Verona. Un progetto che, secondo lo stesso cantautore, “ha come protagonista la musica e la sua capacità di essere metafisica e misteriosa”. “Abbiamo ancora tutti nel cuore la gioia per il concerto che ha aperto il tour precedente in teatro. Sono molto contento perché ora il ritorno a Caracalla rappresenta il ritorno a una riconquistata normalità”, ha detto il sovrintendente del Teatro dell’Opera di Roma, Francesco Giambrone, incontrando la stampa insieme a Baglioni prima del debutto ‘sold out’ del tour a Caracalla. Lo spazio tiene al massimo 4250 posti e ad oggi sono stati venduti 50.000 biglietti per i 12 concerti. Resta ancora un migliaio di biglietti tra le varie date.

“E’ una grande festa della musica ed è bello che sia lui ad aprire la stagione estiva del Teatro dell’Opera di Roma -ha aggiunto Giambrone-. Non è una cosa strana, perché Claudio per il Teatro dell’Opera è un artista della casa e simbolicamente abbatte una delle tante barriere costruite tra musiche diverse”. Baglioni è accompagnato da 123 tra musicisti, coristi e performer classici e moderni, con la direzione artistica di Giuliano Peparini. In scena anche l’Orchestra Italiana del Cinema diretta dal maestro Danilo Minotti, il coro Giuseppe Verdi con il direttore artistico Marco Tartaglia e il maestro del coro Anna Elena Masini.

Oltre tre ore di show con il meglio del repertorio dell’artista, con orchestra e coro sempre sul palco, una scenografia con un cerchio illuminato al centro e laser che, canzone dopo canzone, esaltano un ambiente già ricco di storia. “Aprire la stagione estiva del Teatro dell’Opera è una grandissima responsabilità”, ha ammesso Baglioni, spiegando che il suo show è “una sorta di racconto tra il musicale e il narrativo. All’inizio era pensato solo musicale, ma anche l’appetito artistico viene mangiando e siamo arrivati a una sorta di teatro totale e universale”, ha evidenziato il cantautore, che mette così un’altra tacca alla voce sogni realizzati: “Da 33 anni pensavo: prima o poi vorrei cantare a Caracalla. Ho visto questo posto per la prima volta nel 1989 quando Vangelis, che ci ha lasciati pochi giorni fa, tenne un suo concerto nell’enorme cavea. Da allora, ho fatto tanti progetti per salire su quel palcoscenico e altrettanti rimandi. Non pensavo di arrivarci con un numero così ampio di concerti”.

Di certo, qualcosa fuori dal comune: “I luoghi fanno intrattenimento e cambiano gli show, a volte invece le popstar hanno la pretesa di non tenerne conto e questo in tante occasioni ha creato eventi stonati. Spesso i posti sono stati violati in nome della personalità, c’è sempre stata la sensazione diffusa di essere parenti poveri della musica colta. Io invece credo che ognuno debba mettere un vestito diverso”.

Rispetto per i luoghi, quindi, e anche per le parole. Che diventano protagoniste assolute quando viene affrontato il tema della guerra. “Ho sempre pensato che il pubblico in piedi alla fine di ‘Ninna nanna della guerra’, una poesia di Trilussa che ho messo in musica, non fosse per una standing ovation. E’ un alzarsi in piedi per non lasciarsi andare e forse, per quello che stiamo vivendo, questo brano è più sentito degli altri”. Non è lui, però, a dire di ‘no’ alla guerra dal palco: “Non c’è molto da dire, altrimenti si diventa retorici. Si dice che la musica è immortale, le parole è più difficile che lo siano ma in questo caso le parole sono di una attualità quasi feroce. In un esercito di buona volontà, l’artista è il trombettiere: quello suona la carica, ma la guerra vera la fanno i fanti. Non bisogna esaltare troppo il ruolo dell’artista”.

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