È la terza volta che la leader di Rassemblement National corre per l'Eliseo e la seconda che arriva al ballottaggio delle presidenziali

Il ‘Grand débat’, cioè il duello tv tra i due sfidanti prima del ballottaggio, secondo le rilevazioni è stato vinto da Macron, che l’ha attaccata in particolare sui legami con la Russia di Vladimir Putin e sulla proposta di vietare il velo negli spazi pubblici: stando a Bfmtv il presidente avrebbe convinto il 59% dei francesi contro il 39% della sfidante. Ma Marine Le Pen si è mostrata decisamente più preparata rispetto al 2017, quando secondo molti era stata proprio la performance nel confronto tv ad affossare definitivamente la sua corsa. È la terza volta che la leader di Rassemblement National corre per l’Eliseo e la seconda che arriva al ballottaggio delle presidenziali. Ma non solo, al secondo turno la leader dell’estrema destra francese arriva anche nello stesso scenario del 2017, cioè in un duello contro Emmanuel Macron. Allora Macron la battè con ampio margine (66,10% contro 33,90%). Adesso, lei spera di avere una seconda possibilità. I sondaggi la danno indietro – con forbici che oscillano fra il suo 44,5% contro il 55,5% del presidente uscente e un 42,5% contro il 57,5% -, ma Le Pen sa di avere dalla sua il fatto di potere criticare l’operato di un presidente che gli elettori hanno già testato per cinque anni ed è su questo che spinge.

Cinquantatre anni, figlia del controverso politico Jean-Marie Le Pen – che nel 2002 fu il primo candidato di estrema destra ad arrivare al ballottaggio delle presidenziali, contro Jacque Chirac -, Marine Le Pen respira politica fin da bambina. L’episodio che ne marca di più l’infanzia, secondo il racconto che lei stessa ha fatto nella sua autobiografia, è all’età di 8 anni, quando la sera del 1° novembre del 1976 si verifica un attentato con esplosivo davanti alla casa di famiglia di Parigi. Avvocatessa di formazione, muove i primi passi in politica a fianco del padre: nel 1998 viene eletta consigliera regionale per la prima volta, nel 2004 al Parlamento europeo (dove resterà per 13 anni) e a poco a poco guadagna influenza nel partito del padre, il Front National (FN), fino a prenderne la guida nel 2011.

Dal suo arrivo al timone l’obiettivo di Marine Le Pen è stato chiaro: ‘normalizzare’ l’estrema destra. Parola chiave: ‘dédiabolisation’, cioè ‘de-demonizzazione’. Al punto da espellere Jean-Marie Le Pen, figura ingombrante in particolare per le posizioni antisemite. Il culmine dell’operazione, che i critici definiscono ‘cosmetica’, arriva nel 2018, dopo la sconfitta alle presidenziali contro Macron, con il cambio di nome del partito in Rassemblement national (RN). È come candidata di RN che nel 2020 Marine Le Pen, che sui social presenta spesso il volto rassicurante di una donna amante dei gatti, lancia la corsa per le presidenziali 2022. A scombussolare i suoi piani, però, un tentato ‘sorpasso a destra’: un personaggio ancora più radicale, il giornalista e scrittore Eric Zemmour, che ha lanciato la sua candidatura a fine 2021 e ha sottratto a Le Pen diversi sostenitori, fra cui la nipote Marion Marechal. Zemmour però non ha sfondato (al primo turno si è fermato al 7,1%, mentre Le Pen ha ottenuto il 23,1%) e secondo molti in realtà la sua presenza ha fatto gioco a Marine Le Pen, rendendola più appetibile facendola quasi apparire moderata.

Le Pen – che coltiva legami con le destre europee, da Orban a Salvini – ha avuto da sempre un rapporto privilegiato con Mosca, ricevendo un prestito da una banca russa nel 2014 e incontrando Putin nel 2017. Alla luce della guerra in Ucraina, ha riconosciuto che l’invasione russa ha “parzialmente” cambiato la sua opinione su Putin, ha detto che lui ha “sbagliato” e che lei sostiene il popolo ucraino e i rifugiati vanno accolti. Ma nella piaga di questo prestito russo ha messo il dito Macron durante il dibattito di mercoledì sera: “Quando parla della Russia parla al suo banchiere”, ha accusato l’attuale inquilino dell’Eliseo.

Per sedurre chi non era riuscita a convincere nel 2017, Le Pen ha ammorbidito retorica e immagine, assumendo un tono meno aggressivo. Non propone più di uscire dall’Unione europea o dall’euro e il suo discorso politico, soprattutto nel mezzo dei rincari legati alla guerra in Ucraina, punta di più sul portafogli dei cittadini. Ma le sue posizioni nazionaliste sono ancora salde: se eletta, vuole un referendum sulla lotta all’immigrazione e per sradicare l’islam politico, vuole porre fine alla possibilità di ricongiungimento familiare per gli immigrati e vuole espellere gli stranieri che non lavorino da almeno un anno e quelli entrati illegalmente; promette di vietare l’uso del velo islamico per le strade, definendola una “uniforme musulmana”. Inoltre, vuole inasprire le leggi per ottenere la cittadinanza e armare la polizia municipale nelle città con più di 10mila abitanti. “Penso di avere tutte le possibilità di vincere – si mostra sicura Le Pen -. I francesi si mobiliteranno per porre fine al devastante primo mandato di Macron”.

Nelle apparizioni pubbliche, tuttavia, la sua attenzione è più concentrata sui problemi quotidiani della classe media e lavoratrice. “Ovviamente ritengo che immigrazione e insicurezza siano problemi gravi che hanno bisogno di risposte urgenti, ma non è solo questo”, “sbarcare il lunario mi preoccupa tanto quanto la fine della Francia”, ha detto Le Pen, che promette di attutire l’aumento dei prezzi con misure come il taglio delle tasse sulle bollette, di rimettere nelle tasche dei cittadini fra 150 e 200 euro al mese e vuole aumentare le pensioni mantenendo l’età minima pensionabile a 62 anni.

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