L'ex premier traccia una linea netta tra gli "eroi" che pur avendo due legislature alle spalle continueranno a stare al fianco del M5S e i "traditori" che invece hanno scelto un'altra strada

Giuseppe Conte prova a ripartire dal territorio. Dopo aver incontrato ieri i militanti della Lombardia, il leader trascorre la domenica videocollegandosi con le assemblee di Puglia, Campania e Sardegna. “L’unico voto utile è al M5S”, scandisce definendo le idee del Movimento “non negoziabili”, perché “noi siamo quelli che manteniamo gli impegni”.

“Si respira entusiasmo, forza!”, replica l’ex premier a chi – anche se a distanza – lo accoglie con una standing ovation, anche se la consapevolezza è quella di chi ha tutto un campo da riorganizzare, in poco tempo e con alcuni ‘ostacoli’ che stanno lì per statuto. Presa la decisione sui due mandati, il prossimo scoglio rimane quello delle ‘parlamentarie’. Vorrebbe un minimo di autonomia, almeno per la scelta dei capilista, Conte. Affida tutto al voto on line il regolamento pentastellato. L’avvocato pugliese non nasconde alcune perplessità sui dogmi di sempre, a partire dallo stop dopo due legislature in Parlamento o sul territorio, e utilizza un lungo post su Facebook per dire la sua e spiegare la scelta anche ai non pochi militanti contrari che nei giorni scorsi sui social network parlavano di ‘autogol’.

“La regola dei due mandati è un monito e un impegno. Un ‘monito’ perché chi lavora con il Movimento è costantemente invitato a tenere presente che l’incarico che ha avuto non può diventare un mestiere di vita. Un ‘impegno’ perché il Movimento, attraverso la rotazione delle cariche elettive, offre ai propri elettori maggiori garanzie rispetto alle altre forze politiche”. Conte non nasconde però che questo principio fondante del Movimento, che definisce “contro la natura umana”, ha “qualche controindicazione. Perché privarsi delle esperienze e delle competenze maturate da portavoce che si sono particolarmente distinti e hanno operato, come nel nostro caso, in modo particolarmente efficace, realizzando riforme che il nostro Paese non si è mai neppure sognato nei decenni scorsi?”, l’interrogativo, retorico, che mette nero su bianco.

Il leader, comunque, traccia una linea netta tra gli “eroi” che pur avendo due legislature alle spalle continueranno a stare al fianco del M5S (l’ex guardasigilli Alfonso Bonafede ha già annunciato il suo ritorno allo studio legale) e i “traditori” che invece hanno scelto un’altra strada. “Quando persone che hanno avuto tutto dal Movimento e sono arrivate dove sono grazie ai principi e alle regole del Movimento – diventando ministri, capigruppo, sottosegretari – decidono di rinnegare tutto questo, potrebbero agire quantomeno con discrezione. Ci risparmino i tentativi di nobilitare questi loro mutamenti di rotta. Ci risparmino le lacrime di coccodrillo, le giustificazioni ipocrite, le prediche farisaiche”, attacca. Non solo. “Possibile” che coloro che hanno lasciato il M5S “non si accorgano del sentimento di tristezza che suscitano quando – strana coincidenza – per giustificare il loro tradimento con gli elettori ci riversano addosso i medesimi veleni e le medesime accuse che i nostri avversari ci rivolgono da tempo, i luoghi comuni che il mainstream utilizza per depotenziare la nostra azione politica? Che vadano liberi, in pace, a cercarsi una nuova collocazione. Ma non ci rompano le scatole”, aggiunge tranchant. 

La replica di Luigi Di Maio non si fa attendere:  “Conte ha smantellato il M5S e ne ha fatto un partito autoreferenziale e padronale, ne ha fatto il suo partito. Grillo se ne sta accorgendo e anche se in ritardo sta provando a intervenire – attacca il ministro degli Esteri, che domani lancerà ‘Impegno civico’, il suo nuovo partito fondato insieme a Bruno Tabacci – Conte adesso ha tutti i poteri in mano ma non li sa usare”. 

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