Durante i due mesi di conflitto la Russia ha incassato 63 miliardi di euro grazie all'esportazione di combustibili fossili. E' quanto emerge dallo studio pubblicato dal Center for research on energy and clean air

 La Germania è stata il principale acquirente di energia russa durante i primi due mesi di guerra in Ucraina, seguita dall’Italia. È quanto emerge da uno studio pubblicato dal Center for research on energy and clean air (Crea), che calcola che la Russia ha guadagnato 63 miliardi di euro dalle esportazioni di combustibili fossili dal 24 febbraio, data in cui le truppe russe hanno attaccato l’Ucraina. Utilizzando i dati sui movimenti delle navi, il monitoraggio in tempo reale dei flussi di gas attraverso i gasdotti e le stime basate sul commercio mensile storico, gli esperti del gruppo di ricerca indipendente hanno stimato che la sola Germania abbia pagato alla Russia circa 9,1 miliardi di euro per le consegne di combustibili fossili – principalmente gas naturale – nei primi due mesi di guerra. Il secondo importatore di combustibili fossili russi nei due mesi dallo scoppio della guerra è stata l’Italia, per 6,9 miliardi di euro, seguita dalla Cina, 6,7 miliardi di euro.

 Anche Corea del Sud, Giappone, India e Stati Uniti hanno acquistato energia russa dopo l’inizio della guerra, sebbene significativamente meno dell’Unione europea. Nel complesso, il blocco dei 27 Stati membri rappresenta il 71% delle entrate totali della Russia da petrolio, gas e carbone, per un valore di circa 44 miliardi di euro, afferma il rapporto Crea.

 Lauri Myllyvirta, analista capo del gruppo, pur sottolineando che i confronti anno su anno sono difficili, ha stimato che le esportazioni russe in Europa nello stesso periodo del 2021 valessero 18 miliardi di euro. “Quindi 44 miliardi di euro rappresentano un raddoppio rispetto allo scorso anno”, ha rimarcato, “il fattore principale è che i prezzi di mercato del gas sono aumentati da circa 10 euro per MWh di un anno fa a oltre 100”.

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