La prima ministra del Pese baltico risponde alle domande dell''Agenzia LaPresse sul conflitto ucraino, l'Unione europea e il ruolo delle donne ai vertici della politica

 L’Estonia sa cosa significa l’oppressione russa e lo sa ancor di più la premier Kaja Kallas, la madre quando lei aveva appena sei mesi fu deportata in Siberia. Il paese fu occupato dall’Unione societica nel 1940 e, con una parentesi nazista, lo rimase fino al 1991, quando riconquistò l’indipendenza. L’Estonia sa cosa significa l’oppressione russa e lo sa ancor di più la premier Kaja Kallas, la cui madre a soli sei mesi fu deportata in Siberia. Di ispirazione liberale, giovane avvocata di 44 anni, dal 26 gennaio del 2021 guida il governo della piccola nazione baltica, la prima donna a ricoprire la carica di premier nel suo paese. “Sebbene l’Unione Sovietica sia crollata, la sua ideologia imperialista non è mai crollata”, ha detto a LaPresse, “tutti i segnali di avvertimento erano presenti negli ultimi decenni: nostalgia imperiale, la narrazione del vittimismo russo e le guerre di Putin in Cecenia, Georgia, Donbas e Crimea. Putin l’ha fatta franca prima, ma dobbiamo assicurarci che non la faccia franca ora. Non riesca nemmeno a pensare di aver vinto. Altrimenti, il suo appetito crescerà”. “Venire da un paese che è stato occupato dall’Unione Sovietica per mezzo secolo ci ha insegnato a essere prudenti – rimarca -. Quando mio padre guidava i negoziati estoni per entrare a far parte della Nato, gli veniva spesso chiesto ‘Perché ne hai bisogno? La Russia non rappresenta più una minaccia’. Bene, allora conoscevamo il nostro prossimo e ora conosciamo il nostro prossimo. E sappiamo come adattarci”.

 Kallas appartiene alla nuova generazione dell’Estonia ma ha radici profonde, per questo è tra le prime a sposare la linea più dura verso Mosca nel conflitto ucraino. Suo padre, Siim Kallas, ha vissuto la transizione dall’Urss alla nuova Repubblica estone, di cui è stato ministro degli Esteri e premier tra il 2002 e il 2003, prima di andare a Bruxelles come commissario per 10 anni. “La reazione del mondo libero alla guerra del Cremlino contro l’Ucraina è stata senza precedenti e determinata – sottolinea la premier -. Siamo stati rapidi con sanzioni molto dure, isolando politicamente la Russia e sostenendo l’Ucraina. Ma, ovviamente, dobbiamo fare ancora di più per garantire che Putin non vinca questa guerra. La nostra unità e la portata delle nostre decisioni congiunte dimostrano la forza delle nostre democrazie. Dopo le immagini di Bucha, di altre città ucraine, i paesi sembrano aumentare gli sforzi. E questo non mostra la vera portata della brutalità del Cremlino, temo”.

Guerra Ucraina-Russia, dibattito su ruolo UE e sicurezza in Europa in Parlamento a Strasburgo
Kaja Kallas con il Segretario di Stato americano Antony Bliken

 Kallas mette in guardia anche dalle false narrazioni che circolano in Occidente e che provano a giustificare l’aggressione russa. Anche in Italia c’è un filone mediatico e politico con simpatie putiniane.
“Stiamo assistendo a una campagna a lungo pianificata dal Cremlino per esercitare il controllo sui paesi vicini con la forza bruta, indipendentemente dal costo umano. Parte di ciò sono stati gli sforzi a lungo termine per cercare di minare l’unità occidentale e di collegare l’Occidente alla Russia – sottolinea -. Quando Putin ha visto che la Russia non sarebbe mai diventata l’Europa o l’Occidente, ha avuto l’idea che l’Occidente sarebbe diventato la Russia. Per decenni ha creato legami e dipendenze, come con l’energia, e ha anche finanziato gruppi in Occidente che lavorano per minare e diffondere narrazioni quali quella che l’Occidente fosse sotto pressione migratoria”. “Siamo in un momento decisivo e le decisioni che prendiamo ora rimarranno con noi per decenni – avverte Kallas -. La guerra tocca i confini dell’Unione europea. La nostra risposta e il nostro sostegno all’Ucraina determineranno se è possibile una pace duratura nel nostro continente”.

 Sulla possibilità di un conflitto prolungato o di una soluzione alle porte, la premier estone evidenzia che “dobbiamo tenere a mente che l’Ucraina non deve essere costretta a nessun tipo di accordo. Solo gli ucraini possono scegliere. Non posso fare a meno di ammirare la coraggiosa battaglia che sta conducendo Volodymyr Zelensky e le scelte estremamente difficili che deve affrontare. E dobbiamo ricordare che qualsiasi accordo in questo momento non è fatto volontariamente, ma sotto la minaccia delle armi”.

 Certo, dopo il conflitto l’Ue e la Nato devono iniziare a guardare in prospettiva, ora che non esiste più la politica dell’impegno selettivo con Mosca. “Ciò che è chiaro è che abbiamo bisogno di una strategia a lungo termine di contenimento intelligente nei confronti della Russia. Non si può tornare al ‘business as usual’ (affari come al solito, ndr) con la Russia di Putin, ma solo ‘nessun affare’. Siamo per il lungo raggio. Ciò significa sostegno a lungo termine all’Ucraina, isolamento politico ed economico della Russia, indagini sui crimini di guerra e un adeguamento significativo della posizione di difesa della Nato, inclusa l’istituzione di quella che chiamo ‘difesa avanzata’ sul fianco orientale della Nato. La Russia ha aumentato da parte sua la pressione o l’aggressività, quindi la Nato dovrebbe aumentare la difesa dall’altra parte per essere un deterrente uguale all’aggressione che la Russia pone”.

 E su una cosa non ha dubbi la premier estone: la Nato e l’Ue dovrebbero fare di più per Kiev. “Finché l’Ucraina non ha vinto questa guerra, non abbiamo fatto abbastanza – ammonisce -. Spetta a ogni paese trovare più modi per sostenere l’Ucraina. Ognuno deve fare la sua parte. L’Estonia ha già fornito all’Ucraina assistenza umanitaria e difensiva per un valore di oltre 230 milioni di euro. Questo ci rende uno dei principali erogatori di aiuti pro capite. Siamo stati tra i primi a fornire armi all’Ucraina, già a dicembre. Se noi, un piccolo paese di 1,3 milioni di abitanti, possiamo fare questo, sono sicura che i paesi più grandi possano fare ancora di più”.

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Kaja Kallas con l’ex Cancelliera tedesca Angela Merkel

 Kallas è una delle poche donne premier nell’Ue, dopo l’uscita di scena di Angela Merkel al G7 non c’è nessuna, ma “quello che vedo al tavolo nell’Ue e nella Nato è che il proprio background non ha importanza. Alla fine, la nostra voce ha lo stesso peso. I veri sciovinisti sono quelli che commettono crimini di guerra in Ucraina”. Insomma, sono i provvedimenti concreti che contano, come l’embargo al petrolio e al gas russi, che il suo paese, assieme ad altri, non smette di chiedere in seno all’Ue. Se non si dovesse trovare un accordo e sbloccare l’impasse, Kallas ha pronta una proposta, già avanzata nelle scorse settimane e che rimane sul tavolo del dibattito tra gli Stati. Quella di un conto vincolato su cui gli Stati dovranno versare parte dei pagamenti destinati a Mosca per il gas e il petrolio, per impedire che le risorse vadano a finanziare la guerra e che potrebbero essere usati per la ricostruzione o altro. “Gli idrocarburi sono stati una delle principali fonti di entrate del bilancio statale russo, oltre il 40%, lo scorso anno – spiega -. Quest’anno si stanno rapidamente trasformando nella principale fonte a causa dell’aumento della domanda e dell’aumento dei prezzi. Se il mondo libero vuole smettere di finanziare la guerra di Putin, il nostro obiettivo deve essere quello di prosciugare queste entrate imponendo un embargo il prima possibile”. “Se non siamo pronti a fermare gli acquisti di idrocarburi tutto in una volta – rilancia -, ho proposto di aprire uno speciale conto a garanzia di terzi per riservare parte del denaro pagato per petrolio e gas russi. Ciò diminuirebbe rapidamente le entrate ricevute dal Cremlino. Invierebbe un chiaro segnale a Putin: questa guerra costerà una fortuna alla Russia. Non solo la Russia pagherà per ogni proiettile sparato dal suo esercito, ma pagherà anche per ogni ponte distrutto e ogni casa bombardata in Ucraina. Il Cremlino deve pagare per ciò che distrugge”.

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