Secondo i dati Istat e Eurostat i prezzi aumentati tra lo 0,8 e lo 0,9%

 Continua a correre l’inflazione, spinta dalla fiammata dei prezzi dell’energia. A maggio, su base annua, vola a +6,9% in Italia, raggiungendo i picchi del marzo 1986, mentre nell’Eurozona sfonda addirittura il tetto delle previsioni, arrivando all’8,1. Sul mese, la penisola ha visto un aumento dello 0,9%, e ugualmente nella zona euro i prezzi al consumo dovrebbero aver registrato un incremento dello 0,8%, superiore allo 0,6% del mese precedente e del consensus. Questa la fotografia scattata rispettivamente da Istat ed Eurostat, che rilevano entrambi come, a guidare l’accelerazione inflazionistica, sia l’energia.

 L’Ufficio statistico europeo, infatti, ha rilevato che, ad avere il tasso annuo più elevato è proprio la componente energetica che si attesta al 39,2%, rispetto al 37,5% di aprile, seguita da cibo, alcol e tabacco (7,5%, rispetto al 6,3% di aprile), dei beni industriali non energetici (4,2%, contro il 3,8% di aprile) e dei servizi (3,5%, contro il 3,3% di aprile). In linea con queste considerazioni, quelle del nostro Istituto di statistica, secondo cui “gli elevati aumenti dei prezzi dei beni energetici continuano a essere il traino dell’inflazione e le loro conseguenze si propagano sempre più agli altri comparti merceologici, i cui accresciuti costi di produzione si riverberano sulla fase finale della commercializzazione”. Infatti, la crescita dei beni energetici a maggio è passata dal +39,5% di aprile a +42,2%. Molto forte l’accelerazione degli energetici non regolamentati, da +29,8% a +32,4%, mentre la crescita dei prezzi di quelli regolamentati è stabile a +64,3%. Seguono poi i beni alimentari, saliti da +6,1% a +7,1%, e soprattutto dei beni alimentari lavorati, passati da +5,0% a +6,8%, che spingono il cosiddetto ‘carrello della spesa’ a +6,7%. Un livello che, sottolinea di nuovo l’Istat, non si vedeva da 36 anni. In coda, i servizi ricreativi, culturali e per la cura della persona (da +2,4% a +4,4%) e dei servizi relativi ai trasporti (da +5,1% a +6,0).

 Le borse europee non accolgono bene i numeri sull’inflazione: Piazza Affari viaggia in negativo per tutto il pomeriggio, chiudendo in deciso calo, con il Ftse Mib che cede l’1,22% a 24.505,08 punti, circa 50 punti sopra il minimo intraday. Il Cac 40 di Parigi cede l’1,43% a 6.468,80 punti, il Dax 30 di Francoforte l’1,29% a 14.388,35 e l’Ibex 35 di Madrid lo 0,89% a 8.851,50 punti. Oltreoceano, anche Wall Street apre debole, confermando così i pronostici dei futures, con il Dow Jones che cede l’1,32% a 32.775,57 punti, l’S&P 500 l’1,14% a 4.110,70 punti e il Nasdaq che arretra dell’1,00% a 12.009,25 punti (calo che però si riduce qualche ora dopo, con il Dow Jones che cede lo 0,25% a 33.129,70 punti e l’S&P 500 lo 0,15% a 4.151,80 punti e il Nasdaq che vira in positivo e guadagna lo 0,17% a 12.151,84 punti). Ma non sono solo i mercati a mostrarsi preoccupati. A fare da cassa di risonanza ai dati di Istat ed Eurostat anche le associazioni: Federconsumatori evidenzia che “con il tasso di inflazione a questi livelli le ricadute per ogni famiglia, in termini annui, saranno di 2.056 euro. Una cifra insostenibile, specialmente per i redditi medio bassi, che già da mesi sono costretti a tagliare i propri consumi, persino quelli di energia e nel settore alimentare”. Intanto, Assoutenti dà appuntamento al 10 giugno a tutte le associazioni dei consumatori per “protestare contro i rincari abnormi dei prezzi al dettaglio” e chiedere un incontro al Governo per lavorare ad una “piattaforma di interventi per calmierare i prezzi e combattere la speculazione, e per includere i rappresentanti dei consumatori tra le Parti sociali”, nel confronto sugli interventi che verranno adottati per far fronte alla situazione di crisi.

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