Il Governo ucraino annuncia un'operazione per evacuare i civili dall'acciaieria Azovstal di Mairupol

 Il Presidente ucraino Zelensky non ha dubbi, è stato un attacco deciso a tavolino per obiettivo e tempistiche. Cinque missili russi che vanno a colpire una zona residenziale della capitale, quando da una manciata di minuti era terminata la conferenza stampa congiunta del Segretario Generale Onu Antonio Guterres con il leader ucraino Volodymyr Zelensky: “Gli attacchi della Russia su Mariupol non si sono fermati nemmeno quando il segretario generale delle Nazioni Unite era a Mosca per i colloqui” con Putin. “E oggi, subito dopo la fine dei nostri colloqui a Kiev, i missili russi sono volati in città” ha detto Zelensk,  “Questo la dice lunga sul vero atteggiamento della Russia nei confronti delle istituzioni globali”. 

 Il segretario generale dell’Onu Guterres si è detto “scioccato” dalla notizia dell’attacco missilistico. “Kiev è una città santa sia per gli ucraini che per i russi”, con “straordinaria bellezza, importanza storica”, con “un’eredità storico-culturale”, ha spiegato all’emittente portoghese Rtp. “Questa città va risparmiata”, ha aggiunto.

 Dopo l’incontro al Cremlino il numero uno delle Nazioni Unite nell’Ucraina martoriata dalla guerra ribadisce che quella messa in atto dalla Russia è “un’invasione” che “viola la Carta dell’Onu”.
Guterres visita Bucha e Borodyanka, occupate per settimane dalle forze armate di Mosca prima di tornare nelle mani dei soldati di Kiev.
“Quando vedo quegli edifici distrutti, immagino la mia famiglia in una di quelle case ora devastate e annerite. Vedo le mie nipoti correre in preda al panico. La guerra è un’assurdità nel 21esimo secolo, è malvagia”, spiega.

 Con Zelensky il focus è soprattutto sulla questione umanitaria, a partire dalle persone, militari e civili, ancora asserragliate nell’acciaiera Azovstal di Mariupol. “Faremo tutto il possibile per evacuarle”, dice aggiungendo un mea culpa per quanto il Consiglio di sicurezza dell’Onu non sia riuscito a fare per evitare il conflitto.
Zelensky, dal canto suo si dice “fiducioso” sul poter sbloccare la situazione relativa ad Azovstal e punta il dito sulla “violazione dei diritti umani” da parte della Russia. Zelensky chiede anche a Guterres di adottare misure per prevenire la deportazione di civili ucraini in Russia.

 Intanto dagli Stati Uniti il presidente Joe Biden chiede ulteriori 33 miliardi al Congresso per sostenere l’Ucraina. “Fino a quando continueranno le atrocità invieremo altre armi”, spiega avvertendo Mosca di essere “preparato a qualunque cosa” i russi vogliano fare. Il riferimento, neanche troppo velato, è alla “armi mai viste prima” evocate dal presidente russo Vladimir Putin. Allo stesso tempo Biden precisa che gli Usa “non attaccano la Russia ma aiutano l’Ucraina a difendersi”. Ma contro gli oligarchi russi le sanzioni saranno implacabili. “Sequestreremo yacht e ville della ‘cleptocrazia’ di Putin”, dichiara spiegando che dalla vendita dei beni degli oligarchi russi si troveranno ulteriori fondi per finanziare Kiev militarmente e con aiuti umanitari. Sul campo, secondo Washington l’avanzata russa nel Donbass è “lenta e irregolare” mentre alcune truppe starebbero lasciando Mariupol per dirigersi verso la zona di Zaporizhia.

 Kiev accoglie con soddisfazione anche la decisione della Germania in merito all’invio di armi pesanti approvata dal Bundestag. La mozione non vincolante riceve l’assenso di 568 deputati, mentre 100 si oppongono e sette si astengono. Il sostegno arriva dai partiti al governo e dal blocco della Cdu all’opposizione. Una notizia che non passa inosservata dalle parti di Mosca. “L’invio di armi all’Ucraina, comprese quelle pesanti, sono quelle azioni che minacciano la sicurezza del continente e provocano instabilità”, commenta il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov. E mentre il reggimento Azov denuncia l’utilizzo di bombe al fosforo su Mariupol secondo alcuni analisti americani, sulla base di alcuni immagini satellitari, Vladimir Putin avrebbe messo in campo pure i delfini. Gli animali sarebbero schierati all’ingresso del porto di Sebastopoli per difendere la flotta nel Mar Nero. Si tratterebbe di delfini addestrati militarmente, settore nel quale la Russia vanta una lunga tradizione, per difendere le navi da eventuali attacchi sottomarini.

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