Il giorno dopo lo storico successo alle politiche la leader di Fratelli d'Italia adotta la strategia del basso profilo

Lontana dai riflettori, da telecamere e interviste. Il giorno dopo lo storico successo alle politiche Giorgia Meloni adotta la strategia del basso profilo affidando i suoi pensieri a un paio di post social riguardanti lavoro e famiglia. Nel primo la presidente di Fdi ricorda come gli italiani hanno affidato al partito di via della Scrofa “una responsabilità importante” e per questo “ora sarà nostro compito non deluderli e fare il massimo per restituire dignità e orgoglio alla Nazione”. Nel secondo invece dà spazio agli affetti, pubblicando il bigliettino scritto dalla figlia Ginevra: “Cara mammina, sono tanto felice che hai vinto. Ti amo! Tanto”. Stop. La leader non si fa vedere neanche alla conferenza stampa indetta dal partito nel quartier generale allestito all’Hotel Parco dei Principi. A prendere la parola sono i dirigenti, i due capigruppo di Camera e Senato, Francesco Lollobrigida e Luca Ciriani, assieme al responsabile organizzazione Giovanni Donzelli.

Sono loro ad analizzare il voto, a confermare che “la leader del primo partito italiano sente il peso di questa responsabilità”, e che perciò “sta approfondendo tutti i dossier più scottanti e urgenti, tra cui quello relativo alla Nadef” visto che “bisogna preparare di corsa la legge di bilancio”. Dopo il voto d’altronde le scadenze incombono e in Fdi, ammette un big del partito, c’è un mix “di gioia e senso di responsabilità”. Ecco perché Meloni, spiega, “si è presa una pausa per riflettere sul da farsi”. E in cima alla lista delle cose da fare c’è sicuramente la composizione del nuovo governo, primo banco di prova della coalizione. La squadra andrà costruita confrontandosi con Lega e Forza Italia ma, come ricordato a caldo proprio dalla Meloni, dalle urne è arrivata una “indicazione chiara per un governo di centrodestra a guida Fdi”. Insomma, molto passerà dalle valutazioni che si faranno in via della Scrofa anche se nessuno al momento intende sbottonarsi su futuri ministri. “Fare oggi dei nomi sarebbe non solo prematuro ma irrispettoso, una sgrammaticatura istituzionale – ricorda Donzelli – perché finché non si esprime il presidente della Repubblica e non iniziano le consultazioni non abbiamo nemmeno ufficialmente il nome del presidente del Consiglio”.

A dare però un’indicazione è Ignazio La Russa che si sofferma sui “criteri” con cui potrebbero determinarsi le scelte legate al futuro esecutivo: “Si può vedere anche tra chi c’era alla nostra Conferenza programmatica di Milano. Abbiamo invitato persone compatibili, che su valori e progetti possono aiutare. Per noi non è importante che abbiano la tessera del partito, bisogna scegliere le migliori energie ma compatibili con il programma e il progetto”. Tra gli ospiti della kermesse milanese c’era ad esempio l’ambasciatore Stefano Pontecorvo, che secondo rumors potrebbe occupare la casella della Farnesina. Nel valzer del toto-nomi ecco spuntare poi per il Viminale il prefetto di Roma, Matteo Piantedosi. Non agli Interni ma all’Agricoltura potrebbe perciò andare il segretario leghista Matteo Salvini, che spinge per affidare la Giustizia a Giulia Bongiorno. Ragionamenti in corso poi sul Mef – già accostato al membro del board della Bce Fabio Panetta – che potrebbe essere ‘sdoppiato’. In tal caso un candidato al Tesoro sarebbe il responsabile economico di Fdi, Maurizio Leo. In quota Forza Italia il coordinatore nazionale Antonio Tajani è accostato all’Istruzione, mentre se si dovesse decidere di creare un ministero dell’Energia un nome sarebbe quello di Paolo Scaroni. Guido Crosetto potrebbe invece conquistare la Difesa o in alternativa ricoprire uno dei posti da sottosegretario alla presidenza del Consiglio. Per la presidenza di Camera e Senato, infine, si fanno i nomi di Maurizio Lupi e Roberto Calderoli.

© Copyright Olycom - Riproduzione Riservata