Per il Presidente russo ci sarebbero piccoli passi avanti nei negoziati e le posizioni delle due si sarebbero avvicinate

 Per Vladimir Putin “i tempi non sono ancora maturi” né per arrivare al cessate il fuoco in Ucraina né per organizzare un incontro con Volodymyr Zelensky. È Mario Draghi a restituire la posizione del presidente della Federazione russa all’indomani della lunga telefonata avuta con lo zar. Anche se Mosca e Kiev sembrano meno distanti rispetto alle scorse settimane, e “tutti desideriamo vedere uno spiraglio di luce, dobbiamo stare con i piedi per terra”, dichiara il presidente del Consiglio nel corso di una conferenza tenuta a Roma nella sede della stampa estera. Conferenza in cui il premier ribadisce però che le sanzioni inflitte alla Russia “funzionano” e che “alla pace si arriva se l’Ucraina si difende”.

 Con Putin, ricorda l’ex numero uno della Bce, i contatti si erano interrotti una settimana prima dell’invasione, “e credo di aver notato un cambiamento nel tono, ma allo stesso tempo sono molto cauto nell’interpretare questi segni perché è una situazione in evoluzione. Non potrei dire esattamente se è vero, in una telefonata di 40 minuti è un po’ difficile capire il carattere”. Il colloquio avuto ieri è comunque servito per “parlare di pace” e per richiedere “se e quando è previsto un cessate il fuoco, anche breve, per dimostrare che esiste questo desiderio”. “Le condizioni non sono mature”, afferma tuttavia Draghi, spiegando che nella telefonata il presidente russo ha fornito una lunga descrizione della situazione geostrategica dell’Ucraina e quali potrebbero essere le condizioni di un accordo. “A questo punto – rivela il premier – ho espresso la mia convinzione che per risolvere certi nodi cruciali fosse necessario un incontro con il presidente Zelensky, che sta chiedendo praticamente dall’inizio della guerra. La risposta di Putin è stata che i tempi non sono ancora maturi, occorre che i negoziatori vadano avanti con le trattative”.

 Insomma, la pace può attendere. È ancora il tempo della diplomazia. E uno dei punti che Putin ha trattato con Draghi è che “a suo avviso ci sono dei piccoli passi avanti nei negoziati, e in effetti le posizioni delle due parti su vari argomenti dall’inizio si sono un po’ avvicinate”, conferma il presidente del Consiglio senza spingersi oltre. Anzi, aggiunge, “vedete quanto sono cauto io su questo perché c’è desiderio di andare avanti presto ma evidentemente c’è ancora molto scetticismo”. Certo, “l’aspetto positivo” è rappresentato dal fatto che l’Italia “è richiesta come garante sia dall’Ucraina sia dalla Russia”. Per capire come questo ruolo andrà a delinearsi bisognerà attendere. “Il contenuto esatto di queste garanzie è ancora presto per definirlo perché dipenderà evidentemente dal risultato dei negoziati – riconosce Draghi -. Credo saranno garanzie che prevedono che le clausole negoziate siano attuate”. Clausole che dovrebbero essenzialmente riguardare la pace, il tipo di neutralità che avrà l’Ucraina, lo status delle regioni del Donbass e del Lugansk.

 Di certo, è la convinzione di Draghi, dal punto di vista diplomatico oltre all’apporto della Turchia (“sta svolgendo un ruolo importantissimo per avviare il processo di negoziato verso un risultato di pace”) sarebbe importante anche quello di Pechino. “La Cina potrebbe diventare un protagonista di prima grandezza nell’avvicinare le due parti, soprattutto la Federazione russa, nel processo di pace – conclude -. Io ho aspettative positive, bisogna vedere poi se sono confermate dal comportamento e dalle indicazioni di politica del presidente Xi Jinping. Indubbiamente lo spazio per un ruolo cinese esiste ed è molto significativo”. E il tema verrà toccato domani nel vertice tra Ue e Cina.

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