Faccia a faccia ad Ankara: "Ringrazio la Turchia per il ruolo di mediazione sul grano"

“Con i dittatori bisogna essere franchi, ma cooperare”. All’indomani del ‘sofagate’ – la sedia negata in Turchia a Ursula von der Leyen – Mario Draghi non aveva usato mezzi termini per descrivere il comportamento di Recep Erdogan, aprendo con Ankara un caso diplomatico. Dopo poco più di un anno il premier copresiede con il leader turco il terzo vertice intergovernativo tra i due Paesi, sigla nove accordi bilaterali e ricuce i rapporti. “L’incontro di oggi indica una volontà comune di rafforzare la collaborazione tra i nostri Paesi. Italia e Turchia sono partner, amici, alleati”, esordisce l’inquilino di palazzo Chigi che schiera Roma e Ankara “unite” innanzitutto “nella condanna dell’invasione russa dell’Ucraina e nel sostegno a Kiev”.

“Siamo in prima linea nel cercare una soluzione negoziale che fermi le ostilità e garantisca una pace stabile e duratura. Una pace – ribadisce – che l’Ucraina e il Presidente Zelensky ritengano accettabile”.

Draghi ringrazia la Turchia per lo “sforzo di mediazione” messo in atto per sbloccare il carico di cereali fermo nelle città del Mar Nero. “Dobbiamo liberare al più presto queste forniture, e quelle di fertilizzanti, per evitare una catastrofe umanitaria e sociale nei Paesi più poveri del mondo”, insiste il premier che ricorda il “ruolo centrale” di Ankara nel piano a cui stanno lavorando le Nazioni unite. “Mi auguro che la Russia possa dare il via libera a questa iniziativa, anche come segnale distensivo per futuri negoziati di pace”, insiste. Un accordo tra Russia e Ucraina sul grano “ha un importantissimo valore strategico” perché “nel complesso degli sforzi per la pace sarebbe un primo atto di concordia, un primo tentativo di arrivare a un accordo per un fine che deve coinvolgerci tutti perché ne va della vita di milioni di persone nelle aree piu’ povere del mondo”.

Il premier è accompagnato dai ministri Lorenzo Guerini, Luigi Di Maio, Giancarlo Giorgetti, Roberto Cingolani e Luciana Lamorgese, che si alternano al tavolo con i rispettivi omologhi per firmare le intese. Gli accordi siglati riguardano la difesa, le Pmi, i treni ad alta velocità, il riconoscimento delle patenti di guida, e una maggiore collaborazione per quel che riguarda protezione civile, sviluppo sostenibile e diplomazia. L’obiettivo, dice Erdogan, è raggiungere i 25 miliardi di dollari di interscambio nel 2022 (erano quasi 20 l’anno scorso), puntando ai 30 miliardi in futuro, così recita la dichiarazione congiunta diffusa al termine del vertice.

Draghi, però, raccontando del bilaterale avuto con Erdogan tiene a sottolineare anche altro. “Nella nostra conversazione, abbiamo discusso anche dell’importanza del rispetto dei diritti umani – precisa – Ho incoraggiato il Presidente Erdogan a rientrare nella Convenzione di Istanbul contro la violenza sulle donne”. Non solo. Il premier apre anche il dossier immigrazione: deve essere “umana, equa ed efficace. Noi cerchiamo di salvare i migranti, il nostro comportamento è straordinario: siamo il Paese certamente più aperto, ma non si può essere aperti senza limiti perché a un certo punto il paese non ce la fa più. Abbiamo posto il tema in Ue, con Erdogan, alla Grecia. Siamo il Paese meno discriminante e più aperto ma abbiamo dei limiti e ora ci siamo arrivati”, scandisce. E’, anche per questo, che i due leader affrontano anche il dossier Libia “stabilizzazione e pace sono obiettivi prioritari”, dice. Il presidente turco condivide e da atto a Roma di aver garantito “sempre il suo sostegno” per “aumentare la prospettiva dell’adesione della Turchia” all’Ue. La dichiarazione finale impegna i due Paesi a “tenere il Vertice intergovernativo con cadenza regolare”. Il prossimo sarà in Italia.

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