Il 9,4% dell'intera popolazione pari a 5 milioni e 600mila vive nell'indigenza assoluta

 La pandemia Covid ha colpito duramente gli italiani, rendendoli più poveri e andando a colpire i più deboli come i minori e gli anziani, e toccando livelli di povertà assoluta tra i più alti degli ultimi 15 anni. E’ quanto emerge dal Rapporto povertà 2021 della Caritas che ha analizzato l’impatto economico del virus.

 Secondo il rapporto, che ricorda i dati Istat, il 9,4% dell’intera popolazione, pari a 5 milioni e 600mila, vive in povertà assoluta con un incremento di circa 2 punti percentuali rispetto al 2019 (che segnava il 7,7% sul totale). In particolare, sono in povertà relativa 8 milioni di persone, pari al 13,5% del totale della popolazione mentre si stima che le famiglie siano circa 2 milioni e 600mila.

 Nel 2020 il 28,8% delle famiglie italiane ha dichiarato di avere subito un peggioramento della propria condizione economica rispetto all’anno precedente (nel 2019 la percentuale era del 25,8%). L’effetto della pandemia sul trend degli indicatori di sviluppo integrale, sottolinea ancora la Caritas “appare in modo ancora più chiaro se si tiene conto del fatto che negli ultimi 10 anni si era registrato un miglioramento complessivo degli indici pari al 60,5% contro il 20,5% di quelli in peggioramento”.

 Particolare preoccupazione desta la situazione dei più piccoli. I minori in povertà assoluta in Italia sono oltre 1,3 milioni, 1 milione 337mila nello specifico, dato che significa che al 13,5% del totale dei minori in Italia non viene assicurato il soddisfacimento dei bisogni essenziali di sopravvivenza. Una situazione che è peggiorata, tenendo conto che nel 2005 la quota di minori in povertà assoluta arrivava al 3,9%.

 Anche in questo caso – ricorda la Caritas – il 2020 ha registrato così il valore più elevato degli ultimi 15 anni. Le fasce di età più colpite nel 2020 sono quelle 7-13 anni con il 14,2% e 14-17 anni con il 13,9% dei ragazzi in povertà assoluta.

 Il Covid ha poi impattato sulla povertà sanitaria. Sempre secondo il rapporto, durante il 2020 il 9,6% della popolazione italiana ha dichiarato di avere rinunciato a una o più prestazioni sanitarie pur avendone bisogno e la metà dichiara di averlo fatto per una causa connessa al Covid-19: nel 2019 invece il tasso percentuale era del 6,3% quindi si è avuto un incremento di più di 3 punti percentuali. È quanto emerge dal Rapporto povertà 2021 della Caritas.

 In particolare, nella fascia di 65-74 anni, l’aumento di persone che dichiarano di avere rinunciato a una visita medica risulta essere del +5,8% rispetto al 2019, mentre per le persone sopra i 75 anni d’età si arriva a +8,1%. Considerando poi l’aumento delle rinunce alle prestazioni sanitarie per territori per tutte le categorie d’età, la zona maggiormente colpita è il Nord con più 4,7 punti di differenza rispetto al 2019.

 Non bastasse, la pandemia ha colpito anche il mondo del lavoro. Sempre nel 2020 si è registrata una flessione occupazionale arrivando al tasso di occupazione del 62,6% di occupati sulla popolazione 20-64 anni, dato che allontana il raggiungimento dell’obiettivo del 67% come era stato fissato dalla Strategia Europa 2020 e che porta l’Italia a uno scarto molto significativo rispetto alla media occupazionale europea, con un differenziale di quasi 10 punti percentuali (-9,8); nella graduatoria sul tasso di occupazione dei Paesi Ue27 l’Italia occupa il penultimo posto.

 La differenza – evidenzia il rapporto – risulta ancora più marcata se si considera la categoria dei lavoratori europei per genere: le donne italiane subiscono perdite di lavoro pari al -14,1% nel 2020 mentre per gli uomini il valore è -5,5%. Il peggioramento del divario di genere si evince anche nella sbilanciata distribuzione del lavoro di cure domestiche: l’indice di asimmetria è al 62,8%.

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