Si stimano costi quasi raddoppiati. Quali le soluzioni messe in conto dai principali strutture sanitarie italiane

 Il caro energia rischia di presentare presto il conto alla sanità italiana. Negli ospedali ci sono dirigenti che temono le bollette 2022-2023 ma anche chi si attrezza per far fronte ai consumi con ristrutturazioni, nuovi classi energetiche, autoproduzione e rinnovabili. “L’ultima bolletta trimestrale ha visto i costi salire in linea con gli aumenti subiti da famiglie e imprese” dice a LaPresse l’ingegner Luigi Zanolli, che a Milano è il Direttore della Struttura Tecnico-Patrimoniale dell’Ospedale San Paolo nell’Azienda socio sanitaria territoriale (Asst) Santi Paolo e Carlo da 500mila pazienti l’anno nel sud-ovest della città. “Stimiamo costi quasi raddoppiati nella nostra struttura”, afferma rispetto ai 700-800mila euro pagati in media ogni tre mesi ai fornitori. Che al momento sono i francesi di Siram-Veolia, aggiudicatari di alcuni lotti della Convenzione Consip Mies2 (Multiservizio tecnologico integrato per le pubbliche amministrazioni sanitarie) da complessivi 2 miliardi e 50 milioni che lo Stato paga per la ‘Gestione Calore’ sull’intero territorio nazionale. Convenzioni che prevedono la fornitura, la manutenzione-gestione impianti e lavori per l’efficientamento energetico degli ospedali. L’Asst Santi Paolo e Carlo ha aderito alla Convenzione per 95 milioni di euro (Iva inclusa, 78,2 milioni netti) per 7 anni dall’1 ottobre 2021 al 30 settembre 2028. Contratti di medio-lungo periodo, a prezzi stabiliti, ma indicizzabili al costo delle materie prime dentro bande di oscillazione. Perché “fatti o circostanze assolutamente imprevedibili dall’operatore economico”, si legge nelle maglie della documentazione di gara e del codice degli appalti, possono mutare il contesto. Fatti imprevedibili, come una guerra, o come l’inflazione che galoppa. “È presto per dare numeri certi e il dossier energia deve ancora arrivare nei consigli di amministrazione” afferma invece l’architetto Marco Giachetti, presidente della Fondazione Irccs Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico di Milano che ha in cantiere la realizzazione del nuovo ospedale da oltre 200 milioni di euro per sostituire gli antichi padiglioni dei primi ‘900. “Noi spendiamo 9 milioni di euro l’anno ma riusciamo a risparmiare mezzo milione grazie a una centrale di trigenerazione con l’impianto, che oltre a generare energia, utilizza i fluidi riscaldati e i fumi di risulta per autoprodurre calore e raffrescamento” spiega.
 

 “L’ospedale nuovo avrà edifici molto performanti” per “coprire il fabbisogno al 72% con fonti rinnovabili e acquistare dalla rete solo la parte mancante riducendo le emissioni di anidride carbonica di 15mila tonnellate l’anno”. La progettazione del nuovo Policlinico milanese prevede interventi sulle facciate contro la dispersione, il recupero e riciclo di acqua piovana, la produzione di energia elettrica con pannelli fotovoltaici e pannelli solari per riscaldare l’acqua, infine la sostituzione totale con i led degli impianti di illuminazione per ridurre del 35-40% quella voce di consumo. Il presidente della Fondazione ha anche un’idea che riguarda gli 8mila ettari di terreni agricoli di proprietà dell’ospedale fuori Milano: sono tutti affittati ad agricoltori e i tecnici della Fondazione Ca’ Granda stanno studiando in questi giorni il decreto del governo sul ‘parco agri solare’ che offre incentivi a fondo perduto fino a un milione di euro a chi installa energie rinnovabili sui manufatti agricoli. Il decreto è pensato per le aziende sopra i 7mila euro di fatturato, non per gli enti ospedalieri o pubblici. Il Policlinico sta capendo se è possibile accedere a quei fondi per aumentare la potenza da rinnovabili. Con i rialzi dei prezzi, però, in Lombardia ci devono fare i conti tutti. Anche alla luce dello smaltimento liste d’attesa createsi in pandemia e la ripresa delle attività ordinarie. Nel pieno del Covid per mesi hanno chiuso i reparti ‘energivori’ come le sale operatorie (dove i ricambi d’aria per sterilizzare, anche 50 volte l’ora, alzano i consumi), compensate dalle terapie intensive e subintensive che hanno lavorato al massimo della capienza. L’orizzonte di medio periodo vedrà entrare in funzione anche le nuove infrastrutture della sanità territoriale finanziate dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza: oltre 200 Case di Comunità, 70 Ospedali di Comunità e 101 Centrali Operative Territoriali entro il 2026 in Lombardia. Avranno bisogno di energia elettrica e gas, oltre che personale.
 

 Non tutte le aziende sanitarie pubbliche e gli ospedali privati contattati da LaPresse hanno comunicato i costi attuali dell’energia e le stime degli aumenti in corso. I numeri però si trovano nei bilanci e nella documentazione pubblica. L’Ospedale Niguarda di Milano ha un contratto da 7,2 milioni di euro l’anno siglato nel 2020 con un team di imprese guidato da Cofely Italia (Engie, la ex GdF Suez) per la gestione e manutenzione degli impianti termici e la fornitura di combustibile. L’Asst Sette Laghi, che insiste sui territori del varesotto, Lago Maggiore e fino al confine svizzero, ha aderito alla convenzione Consip con Siram per 6 milioni di euro lordi in 7 anni: l’anno scorso la bolletta è stata di 521mila euro ma le stime a tabella parlano di 828mila nel 2022 e 916mila nel 2023 e negli anni successivi. L’Azienda sanitaria di Pavia ha siglato in piena pandemia il contratto da 39 milioni di euro in 8 anni con il ramo ‘ospedaliero’ di Edison, la società Zephyro Spa. Con la stessa controllata di Edison (insieme a Bosch Energia) l’Asst Monza ha in essere l’accordo da 11,7 milioni di euro complessivi fino al 2026. Negli ultimi due anni c’è stato anche chi ha avuto da discutere sui prezzi e intavolare trattative: sono dovuti intervenire gli avvocati fra l’Asst Fatebenefratelli-Sacco di Milano che, ha tre dei principali ospedali nel capoluogo oltre a vari presidi, sull’importo delle bollette per il ‘Fatebenefratelli’ e il ‘Macedonio Melloni’: l’azienda sanitaria stimava un canone di 2,2 milioni di euro.
Mentre l’appaltatore Edison chiedeva poco più di 3 milioni. Era il maggio 2020, senza inflazione. Il rischio di un aumento dei contenziosi oggi invece esiste.

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